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lunedì 21 novembre 2011

GOVERNO MONTI/ 1. Ostellino: Monti, ora fai il "tecnico" e taglia lo Stato

Il nostro socio onorario, nonchè nostro faro, almeno per come io lo intendo, ha colpito ancora.  Intervista a Piero Ostellino trascritta da Riccardo Rinaldi

giovedì 17 novembre 2011



Il governo Monti è nato. Dopo due giorni di consultazioni, ieri infatti è giunto l’atteso momento della presentazione dei ministri e del giuramento nelle mani del presidente della Repubblica. Per questa sera, invece, è previsto il voto di fiducia al Senato che anticipa il passaggio di domani alla Camera. «Dato che i politici – dice Piero Ostellino a IlSussidiario.net – fino ad ora hanno messo in scena quel famoso spettacolo nel quale la spalla dice al comico “vai avanti tu che a me vien da ridere”, mi permetto di dare solo un consiglio ai tecnici. Non usate più la parola “sacrifici” quando vi rivolgete agli italiani. Chi li deve fare non sono loro, ma lo Stato. Smantellate piuttosto questo apparato mostruoso che opprime i suoi cittadini e che ogni anno gli confisca oltre metà della ricchezza che producono». 

Ieri però il nuovo premier non ha risposto alle domande sulla patrimoniale, mentre la voce sulla reintroduzione dell’Ici si fa sempre più insistente.

Se Monti dovesse scegliere questa linea non farebbe altro che proseguire sulla strada tracciata dalla politica in tutti questi anni: aumentare le tasse per rincorrere una spesa pubblica fuori controllo. Da un tecnico però è lecito attendersi l’esatto opposto. Che si preoccupi cioè della vera natura del fallimento di questo Paese: uno Stato onnipresente e costoso. La politica avrà anche le sue possibilità, ma non possiamo pensare di salvare l’Italia con il taglio delle auto blu e del numero di parlamentari. Sono noccioline. Qui c’è da “dimezzare” lo Stato.

Un’impresa che sembra impossibile.

Certo, ma il nuovo premier, ripeto, dovrà fare il tecnico. Il suo compito è quello di pensare ai problemi concreti senza preoccuparsi del consenso, mettendo però il Parlamento davanti alle proprie responsabilità.
Se le forze politiche, infatti, dovessero per caso tentare di mettere i bastoni fra le ruote al presidente del Consiglio, lui non dovrebbe far altro che dimettersi, spiegando agli italiani di non voler essere complice degli sterili giochi della politica. Non esistono altre strade.

Da dove dovrebbe iniziare comunque questo “smantellamento”?
Per prima cosa bisognerebbe mettere fine all’imbroglio della “finta socialità”.

Cosa intende dire?

Le faccio un esempio: oggi i cittadini hanno a disposizione dei servizi scadenti, ma quando salgono su un autobus, pagando un prezzo irrisorio, sono quasi portati a pensare che lo Stato sia buono e generoso. In realtà il resto finisce nella fiscalità generale e questo ovviamente riguarda tutti, compresi quelli che l’autobus non lo usano mai.
Gliene faccio un altro: gli inglesi hanno aumentato i costi delle rette universitarie. Da noi, invece, in nome di quella finta socialità le rette sono così basse che coprono soltanto il 15% dei costi. E così quello che manca ricade sulla fiscalità generale. Sa qual è il risultato? Il manovale che non manda il figlio all’Università paga gli studi ai ricchi.

E la squadra di governo presentata ieri secondo lei ha le carte in regola per fare questa “rivoluzione”?

Sono certamente personalità di grande prestigio. E le dichiarazioni a favore della previdenza sociale contributiva del nuovo ministro del Welfare, Elsa Fornero, fanno ben sperare.

Di che si tratta?

Della soluzione più liberale. Ciascuno paga con i propri contributi la pensione che avrà, ma è libero di andarci quando vuole. Non quando decide uno Stato affamato di soldi. E’ questa, a mio avviso, la strada giusta.

Ad ogni modo, i mercati secondo lei crederanno nella svolta? 
Senza una drastica riduzione della spesa pubblica e della pressione fiscale no. Io, ad esempio, prenderei in considerazione l’ipotesi di non rinnovare i 200 miliardi di titoli di Stato italiani in scadenza. Il debito in questo modo scenderebbe da 2.000 a 1.800 miliardi e gli interessi così sarebbero minori. Per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici si potrebbe poi creare una società per azioni all’interno della quale inserire quella parte del demanio pubblico che può essere messa sul mercato.

Se poi la transizione dovesse andare a buon fine ci ritroveremmo un bipolarismo diverso, meno muscolare e più ragionevole?

Questo continuerà a dipendere dalla cultura politica del Paese. A giudicare dalle immagini delle dimissioni di Silvio Berlusconi sembra proprio che l’Italia sia ancora ferma alla guerra civile che scoppiò alla fine della Seconda guerra mondiale e che oggi sembra aver trovato il bipolarismo come metafora.
Ad ogni modo, fino a quando l’avversario politico resterà il nemico da abbattere, in Italia la democrazia liberale resterà incompiuta.
Ma chiedere anche questo a Mario Monti mi sembra francamente eccessivo…


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lunedì 14 novembre 2011

EINAUDI: LIBERTA' ECONOMICA E COESIONE SOCIALE - GIOVEDI’ 17 NOVEMBRE 2011 - dalle ore 17 alle ore 19,30

GIOVEDI’ 17 NOVEMBRE 2011 - dalle ore 17 alle ore 19,30
Presso Facoltà di Economia (ex caserma Villarey) Ancona - Piazza Martelli
Il Centro Studi Liberali “Benedetto Croce”, nell'ambito della celebrazione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia presenta il Libro della collana storica della Banca d'Italia curato da Goffredo Gigliobianco, capo della Divisione storia economica del Servizio Studi della Banca d’Italia,  con prefazione di Mario Draghi dal titolo:
LUIGI EINAUDI : LIBERTA' ECONOMICA E COESIONE SOCIALE.
«Non tutti gli uomini – scriveva Luigi Einaudi nel 1942 – hanno l'anima del soldato o del capitano disposti ad ubbidire o a lottare ogni giorno quant'è lunga la vita. Molti, moltissimi, forse tutti in un certo momento della vita sentono il bisogno di riposo, di difesa, di rifugio. Vogliono avere un'oasi dove riposare, vogliono sentirsi per un momento difesi da una trincea contro l'assillo continuo della concorrenza, della emulazione, della gara.»
Fino a che punto la concorrenza possa governare la società senza strapparla e fino a che punto il welfare state la possa proteggere senza appiattirla sono interrogativi di Einaudi che oggi ritrovano un'acuta attualità, nel nostro disperato bisogno di trovare il modo di ricostruire il nostro paese tentando di conciliare giustizia sociale, uguaglianza dei punti di partenza, capacità di innovare non solo dell’economia, ma della società intera.
Con il suo pensiero e impegno civile, Luigi Einaudi cercò di indicare il giusto equilibrio tra opposte esigenze. Da una parte quella di lasciare ampio spazio all'innovazione, alla concorrenza, all'emergere del meglio e del nuovo, non solo nel campo della produzione, ma anche con riferimento alla società, al ricambio delle classi dirigenti, alla nascita di nuovi imprenditori. Dall'altra l'esigenza di offrire alle persone, non tutte disposte a stare sempre in prima linea, un riparo dal vento sferzante della concorrenza: l'associazione professionale, il sindacato, la piccola proprietà, il posto di lavoro.

Interverranno come Relatori:
Roberto Einaudi Presidente Fondazione "Luigi Einaudi" Roma
Alberto Baffigi Funzionario Div. Storia Economica e Finanziaria Banca d'Italia
Alberto Zazzaro Ordinario di Economia Politica presso la Facoltà di Economia dell’UNIPM

giovedì 10 novembre 2011

L'EREDITA' DI BERLUSCONI - Commento all'articolo di Antonio Martino pubblicato sul TEMPO (di Claudio Ferretti)

Ho letto la sua analisi e la trovo difficilmente condivisibile, tanto che mi viene in sospetto di non averla capita.
a)      Se l’eredità che lascia Berlusconi è quella di dimostrare che l’Italia è di destra la cosa mi lascia abbastanza indifferente perché non capisco in cosa differisce questa destra da questa sinistra. Lei stesso ha detto sui temi fiscali, quelli centrali nella gestione dello Stato, la linea di questo governo non è dissimile da quella dei governi che l’hanno preceduto (più tasse, più spesa).
b)      Sulla rivoluzione liberale, dalle bellissime intenzioni del 1994 quando Berlusconi dichiarava di ispirarsi a Einaudi e Sturzo, nel ‘96  la stella polare divenne De Gasperi e via via sempre più verso posizioni filo stataliste e clericali.
c)      Tra i compagni di strada che il Cav. Berlusconi ha selezionato nel corso del suo percorso politico i liberali si sono lentamente ridotti, tanto più che è legittimo sospettare che le idee contassero ben poco, quello che importavano e importano sono i voti, quale che sia la provenienza, per acquisire il potere.
d)      Si poteva sperare che arrivato al potere tramite legittime elezioni, vista la grande capacità economica, mediatica e di aggregazione delle forze più eterogenee, il Cav. Berlusconi volesse portare l’Italia verso modelli vicini ai paesi più liberali e a primeggiare in Europa e nel mondo. Abbiamo invece visto la vicinanza a Gheddafi e Putin, è vero, anche a Blair e Bush ma solo per la guerra in Irak (più tasse e più spesa pubblica).
e)      Quando qualche proposta concreta poteva essere fatta propria provando ad investire sulla maturità dei cittadini italiani come per i referendum Radicali-Dornbush, la posizione di Berlusconi è stata secca e sprezzante, uguale a quella della CGIL.
f)        Lei sostiene che le sinistre sono un aggregato eterogeneo di posizioni incompatibili: è vero. Ma cosa accumuna Lei a Giovanardi. Cosa accomuna gli ex socialisti agli gli ex missini del PDL e tutti questi alla Lega Nord? Mi sembra che le precedenti esperienze governative di Berlusconi si siano risolte con gravi lotte di potere tra fazioni eterogenee: nel primo caso in un ribaltone della Lega, nel secondo con difficile convivenza con l’UDC di Casini, il terzo con il “tradimento” di Fini e l’arruolamento a suon di sottosegretari del “Di Pietrista” Scilipoti.
g)      Alla faccia della rivoluzione liberale, nel paese che ci lascia in eredità l’esperienza Berlusconiana, ammesso che sia finita, la spesa pubblica cresce, la corruzione sembra sempre più spinta e anche legalizzata in alcune sue forme, i privilegi crescono e i soliti noti pagano. E pagano sempre di più.
h)      In sintesi Berlusconi, se anche ha rappresentato una novità nella forma di fare politica, rappresenta nella sostanza la continuità, in tutti i suoi aspetti negativi, del sistema che l’ha preceduto e che, viste le premesse, con tutta probabilità gli succederà.
i)        C’è un’importante novità, si dice che la ricchezza già importante della famiglia Berlusconi dal ‘94 ad oggi sia sensibilmente aumentata mentre nelle classifiche su libertà economiche, libertà di informazione ecc.ecc. il paese sprofonda sempre più in basso. Sicuramente non c’è un nesso tra questi eventi ma la domanda che mi pongo è la seguente: Cosa ha messo in campo di suo Berlusconi per cambiare in meglio il paese e quanto gli è costato (a parte un divorzio ma per tutt’altre faccende)?
j)        Purtroppo mi sembra che quello che ci lascia in eredità ce l’avevamo già e da diversi secoli: il “particulare” di Guicciardini; la doppia morale praticata dalla Chiesa, e tutte quelle idee perniciose che hanno impedito all’Italia di essere come il New England. Forse, e questa è la cosa peggiore a mio avviso, ha messo definitivamente una pietra sopra alla possibilità di fare in Italia non tanto una rivoluzione liberale, figuriamoci, ma almeno una riforma liberale.

Con immutata stima.

martedì 20 settembre 2011

ATTIVARE LA CITTADINANZA II (di Claudio Ferretti)

Lettera aperta al Direttore del Corriere Adriatico

Caro Direttore,
Un articolo apparso sul Corriere Adriatico di questa settimana ha permesso ai cittadini di Ancona di conoscere una importante iniziativa portata avanti dai genitori dei bambini che frequentano la scuola elementare di Pietralacroce.
Questi genitori, preso atto dello stato di degrado della scuola che i loro figli frequentano quotidianamente e della difficoltà dell’amministrazione pubblica di garantire una adeguata manutenzione dei locali, considerando l’importanza della scuola come ambiente per la formazione dei loro figli, hanno deciso di farsi parte diligente. Hanno costituito un comitato, hanno raccolto fondi tra di loro con piccole quote (due terzi dei genitori hanno aderito), hanno ottenuto un piccolo contributo dall’amministrazione pubblica ma soprattutto le necessarie autorizzazioni, hanno raccolto contributi da sponsor privati ma soprattutto hanno donato il proprio tempo ed abilità per rendere una struttura pubblica più bella e funzionale.
In un periodo di crisi come quello attuale, che prima di essere una crisi economica è una crisi da mancanza di senso civico e di legalità che investe non solo il mondo politico ma la gran parte del paese compresa quella che alcuni chiamano la “società civile”, trovo che l’esempio dei genitori di Pietralacroce sia, nella sua semplicità, luce e speranza di rinascita culturale, politica ed economica della nostra città che potrebbe diventare esempio per l’Italia.
In 150 anni dall’unità d’Italia dobbiamo ancora risolvere un grave problema, quello che Banfield ha chiamato “Familismo amorale” che è una delle cause che impediscono al nostro paese di fare un salto di qualità.
Banfield, studioso dell’Università di Harvard, individuò tra le caratteristiche salienti del sottosviluppo proprio la mancanza di senso civico, quindi la scarsa attenzione dei cittadini alla qualità dei luoghi pubblici considerati come esterni ai propri interessi “familiari” e, semmai, da sfruttare a spese degli altri. Questo comportamento, facilmente imitabile, porta a una qualità della vita pubblica e sociale sempre più bassa, quindi a costi sempre più elevati, diventando una delle cause principali del sottosviluppo economico.
Ernesto Rossi, un grande italiano del secolo scorso, poco ascoltato e ormai dimenticato, raccontava la storia di una squadra di facchini dell’Ansaldo all’inizio del ‘900 i quali, mancando allora mezzi meccanici, portavano a spalla delle traversine di acciaio da un’area all’altra della fabbrica. L’ultimo della fila, pensando di essere più furbo degli altri, abbassava la spalla per fare in modo che gli altri portassero il suo fardello, ma così faceva anche quello davanti e quello davanti ancora, così che l’ultimo ritornava ad abbassare ulteriormente la spalla per non portare il peso e così ancora gli altri. Alla fine, a forza di abbassarsi, pensando tutti di essere furbi, stavano quasi in ginocchio faticando il triplo e andando più lenti. Questa storia potrebbe facilmente essere applicata all’Italia di oggi, senza grandi consolazioni, purtroppo.
Per cambiare la realtà che ci circonda bisogna cambiare noi stessi e non aspettare che altri, lo Stato, il Comune o, perché no, il Superenalotto risolvano i nostri problemi, i genitori di Pietralacroce con il loro esempio e con il sorriso sulle labbra, hanno dimostrato che è possibile e che si possono ottenere dei risultati straordinari.
Ma perché non andare avanti e fare in modo che da questo esempio si parta per creare un sistema virtuoso? Credo che si possa partire da cose molto semplici: costituiamo dei comitati di quartiere fondati su base volontaria, che abbiano l’onere e l’onore di mantenere e vigilare sui beni pubblici di loro competenza. Questi comitati potrebbero utilizzare manodopera volontaria, raccogliere fondi tra i cittadini, istituire dei premi di benemerenza per quelli particolarmente virtuosi.
Il Corriere Adriatico potrebbe svolgere un ruolo importante, istituendo un premio al comitato che ha lavorato meglio nell’anno e rendendo pubbliche tutte le iniziative dei comitati durante l’anno. Il Comune potrebbe prevedere degli incentivi fiscali per chi partecipa fattivamente a queste gestioni. L’amministrazione Comunale inizi a riflettere su queste cose. Inizino i nostri rappresentati a chiedere con umiltà la collaborazione dei propri cittadini e a premiare i meritevoli. Attiviamo la cittadinanza e iniziamo a pensare che Ancona può diventare un modello per l’Italia.